mercoledì 5 agosto 2015

Nodi (10)

«Mi prende per il culo?» furono le prime parole di Sensi, non appena Marrano ebbe abbassato il finestrino della BMW sedan in cui si era appostato. Il soffio dell’aria condizionata accarezzò la faccia del commissario, facendolo pentire una volta di più di non essere morto quella mattina. «Che cosa ci fa qua?».
Marrano sembrò imbarazzato. Iniziò a sudare, ma quello probabilmente dipendeva dall’afa.
«Antoneta ha letto il nome sul biglietto da visita. Ho pensato che fosse, sa... lui. L’amante. Così ho cercato il suo indirizzo in internet e...»
«No, guardi, faccia conto che fosse una domanda retorica. Non voglio saperlo davvero. Si limiti a scomparire mentre noi sfondiamo la porta, picchiamo un innocente e spariamo per errore al cane dei vicini».
Marrano sbatté lentamente le palpebre, segno che non aveva capito.
«Scompaia» riepilogò Sensi. I suoi occhi, per un istante, diventarono color sangue.
L’altro, spaventato, fece per girare la chiave, ma il commissario fece segno di no con la testa. «Scenda e si allontani a piedi».
«Ma è...»
«Caldo, lo so. Ho un fottuto giubbotto antiproiettile addosso, si figuri se non lo so. Adesso vada».
Marrano barcollò fuori dalla sua macchina e si allontanò con passo strascicato.
Tudini lanciò un’occhiata a Sensi, un’occhiata che significava che sapeva benissimo che non c’era nessun bisogno di far andare via a piedi il povero sfigato, ma che capiva le debolezze del suo capo e lo stimava anche se a volte era un brutto essere umano.
Davanti a loro c’era la villetta monofamiliare di Mastrangelo. Era una costruzione a un solo piano, senza giardino anteriore. Le finestre avevano le tapparelle abbassate.
«Okay, vediamo di procedere» borbottò Sensi, di cattivo umore. Il sudore aveva iniziato a gocciolargli giù dalla punta del naso. Plick, plick.
«Voi due, dietro di me. Tu, tu e tu: coprite le finestre».
Plick, plick.
«Riu, mi senti? Sto per fare irruzione dalla porta principale. Tenetevi pronti».
Plick, plick.
“Non si può lavorare in questo modo,” pensò, avvicinandosi all’ingresso e cercando di detergersi il sudore con il braccio. “Dovrebbero vietare i rapimenti in agosto”. Tirò fuori la pistola e controllò che ci fosse il colpo in canna. Si accostò al portoncino di legno bianco e fece segno ai due agenti con l’ariete di procedere.
Quelli presero la rincorsa e sfondarono il portoncino. Il rumore del legno fracassato e della serratura che cedeva fu forte come un colpo di fucile.
«Polizia!» gridò Sensi, solo a quel punto. Poi si buttò dentro il vano ormai vuoto della porta, pistola in pugno e naso gocciolante.
Plick, plick.
Un ingresso nemmeno brutto. Pareti color avorio, mattonelle verde scuro. Un caldo bestiale, disumano, prova provata che chiunque abitasse lì era un malato mentale. Sensi si rese conto che le finestre erano aperte, ma le tapparelle chiuse rendevano del tutto inutile questo accorgimento.
Un istante dopo vide comparire il proprietario. O, insomma, quello che probabilmente era lui; difficile a dirsi, in quel momento.  
Uscì dalla porta in fondo al corridoio e fece qualche passo nella sua direzione.
Sensi gli puntò l’arma contro per puro riflesso, ma per il resto era senza parole. L’uomo che aveva sotto tiro indossava una specie di passamontagna di vinile nero con una cerniera al posto della bocca. Oltre a questo delizioso accessorio, portava un perizoma di pelle nera molto succinto, aveva una serie di cinghie allacciate sul petto, dei gambali da cowboy di vinile nero e degli stivali texani. Aveva anche un fisico pazzesco, con una tartaruga che nemmeno i modelli di Dolce e Gabbana e bicipiti scultorei. D’altronde, rifletté Sensi, solo un übermensch sarebbe riuscito a tenersi addosso dei gambali di vinile in quell’appartamento surriscaldato.
«Amico, resta fermo» disse.
Rumore di passi di corsa dalla porta sul retro e, un istante dopo, fece la sua comparsa pistola in pugno anche la Riu.
Guardò l’incappucciato e poi guardò lui. «Non ci credo» borbottò.
«Sei Emiliano Mastrangelo?» chiese Sensi.
«S-sì... e voi?» fece il tizio, con la voce un po’ deformata dalla maschera.
Sensi si rilassò. «Polizia di stato. Dov’è Carlotta Marrano?».
L’uomo, muovendosi molto lentamente, indicò il corridoio dietro di sé. «I-in camera».
Sensi fece segno alla Riu di seguirlo, mentre il resto dell’esercito che aveva fatto irruzione in quella casa continuava a tenere sotto tiro Mastrangelo. Percorse tutto il corridoio e scostò con il gomito la porta semi-aperta della camera da letto.
Carlotta Marrano era lì, il fetish-cowboy non aveva mentito.
Era nuda, tranne per un bustino di latex con due buchi per le tette, ed era legata al letto in una posizione inequivocabile. In bocca aveva una bella pallina di gomma rossa, tenuta ferma da un laccio. Tutta roba da sexy shop, niente di improvvisato.
Sensi prese la radio e chiamò Tudini.
«Max, qua tutto a posto. L’ostaggio e vivo e in salute. Fammi solo un favore: non fare avvicinare Marrano, okay?».
«Sì, Ermanno» rispose Tudini.
«È viva? È viva? Amore, sei viva?» sentì gridare in sottofondo.
Sensi sospirò e rinfoderò la pistola.

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