giovedì 30 luglio 2015

Nodi (4)

La sveglia suonò alle sette, ma per una volta Sensi non se la prese. Tanto era così caldo che non sarebbe riuscito a dormire ancora per molto. L’unica fascia oraria in cui la temperatura calava abbastanza era dalle tre di notte alle sette del mattino, le otto al massimo.
Per di più quelle maledette ventole lo avevano annodato sul serio. Cercò di sciogliersi facendo l’ennesima doccia, ma non aiutò in modo particolare.
Frugò dentro il micro-cassetto che la Riu era stata così buona da lasciargli usare. I patti tra loro erano molto chiari: non avevano una relazione, non avevano obblighi né doveri, non era previsto nessun coinvolgimento affettivo, ma Sensi poteva usare quel piccolissimo cassetto, invece di sparpagliare le sue cose dappertutto.
«Hai stirato la mia maglietta dei Cocteau Twins?» disse lui, quella mattina, tirandola fuori.
«Se è per questo l’ho anche lavata» brontolò la Riu.
Sensi rise e se la infilò senza aggiungere altro. A quel che pareva l’ispettrice gli aveva lavato anche le mutande e i calzini, ma non era assolutamente il caso che la ringraziasse. Si sarebbe solo arrabbiata e Sensi la conosceva abbastanza bene da saperlo. Si limitò a palparle il culo in segno di apprezzamento.
Tudini lo chiamò mentre andava verso la questura.
«Mainardi ha trovato un filmato del rapimento» gli disse, con voce stanca. Ieri notte ha tirato giù dal letto gli adetti alla security di metà dei supermercati della città». Fece una piccola pausa e aggiunse: «Non sembra un granché un rapimento».
Sensi chiuse gli occhi e sospirò. Poi, visto che stava guidando lungo una strada tutta curve, si affrettò a riaprirli.
Venti minuti più tardi erano tutti davanti al monitor del computer di Tudini.
L’aria condizionata era accesa e bastava questo a non volerti far lasciare mai più la questura. Forse era per quello che la spegnevano, alla sera. Il risparmio energetico non c’entrava niente. Spegnevano l’aria condizionata perché se no non se ne sarebbe andato nessuno – e dato che in fondo erano statali, sarebbero riusciti a far figurare quelle ore extra come straordinari.
Mainardi aveva un aspetto miserevole e gli occhi continuavano a chiuderglisi. Seguendo la pista dei filmati di sicurezza non aveva dormito nemmeno mezz’ora.
«Se ne vada a casa, Roberto» disse Sensi, magnanimo.
«Preferirei mettere la testa giù sulla scrivania, se non è un problema, capo» rispose l’altro.
Giusto. L’aria condizionata. Sensi annuì. «Non si faccia beccare da Salvemini. Max, fallo ripartire, vuoi?».
Tudini fece girare una seconda volta lo spezzone di filmato.
L’inquadratura era fissa e riprendeva uno spicchio di parcheggio sotterraneo debolmente illuminato.
«Avevi ragione. È andata all’Esselunga» disse alla Riu, mentre sullo schermo si vedeva la Classe A della moglie di Marrano infilarsi in uno spazio vuoto. I fari si spensero poco dopo e si aprì la portiera del guidatore. Carlotta indossava degli short bianchi e una canottiera dal colore indefinibile, forse verde, forse marrone, forse un altro ancora. Aveva i capelli legati in una coda e la borsetta sotto braccio. Fece scattare la chiusura elettronica e si allontanò.
Tudini fece partire il secondo spezzone, che era stato ripreso dalla telecamera di sicurezza successiva.
Carlotta veniva avvicinata da un uomo dalla corporatura normale e dai capelli scuri, tagliati corti. Data la risoluzione delle immagini il viso non si vedeva benissimo, ma dimostrava tra i trenta e i quarant’anni, senza nessun segno particolare. L’uomo portava dei pantaloni di tela beige o verde oliva e una maglietta a mezze maniche blu o nera.
«Ferma» disse Sensi e Tudini bloccò il filmato.
«Lui le dice qualcosa, lei fa questo piccolo gesto con la testa... come se ondeggiasse appena all’indietro. Non abbiamo una ripresa che ci mostri la sua faccia, presumo».
«No» rispose Tudini.
«Sembra come quando... vedi qualcuno che non ti aspetti di vedere, no? Come se stesse dicendo: “Che cosa ci fai qua?”. Ma potrebbe anche essere: “Ah, eccoti qua”. Merda. Fai ripartire».
I due parlavano per qualche secondo. Sembrava una conversazione posata e tranquilla. Non gesticolavano, l’espressione di lui sembrava tranquilla. Poi si voltavano e andavano verso la macchina di lei. Il tizio le sfiorava un braccio, come guidandola.
«Quel gesto» intervenne la Riu, sporgendosi per bloccare di nuovo. «Denota una certa intimità, non pensate?».
«Dipende. Comunque è chiaro che si conoscono, almeno superficialmente. Ci può stare. È appropriato. Non è violento, non è nemmeno invadente. Quasi non la tocca. Marrano che cosa dice?».
«Sta arrivando» rispose Tudini.
Il filmato ripartì. Un altro spezzone. I due salivano in macchina. Lui si metteva al volante, mentre lei saliva al suo fianco. L’auto andava in moto, i fari si accendevano e poi l’uomo faceva retromarcia e filava via.
«Guida lui» disse l’ispettrice, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Sensi sbuffò. «Sì, è sessista da pazzi».
La Riu lo fulminò con lo sguardo. «Intendevo...»
«Lo so che cosa intendevi. Devi conoscere bene una persona per farle guidare la tua macchina. E lei sembra pienamente consenziente, quando sale. Tranquilla. Ma, vedi, la qualità delle immagini è schifosa e per quel che ne sappiamo potrebbe essere bianca di paura o stare persino piangendo, mentre sale docilmente a bordo».
«A me sembra sospetto» intervenne Tudini. «Lui è entrato nel parcheggio a piedi».
Partì l’ultimo spezzone. L’uomo con i capelli scuri usciva dall’ascensore nel sotterraneo, come se venisse dal supermercato.
«Ricapitoliamo» disse Sensi, stropicciandosi gli occhi. «Carlotta Marrano esce di casa alle sette e mezza circa. Guida fino all’Esselunga, parcheggia, scende dalla macchina e incontra il bell’Antonio, lì. Lui è senza macchina e sembra arrivato proprio al momento giusto. Si sono dati appuntamento?».
«Abbiamo controllato i tabulati di Carlotta?» aggiunse la Riu.
«Sì. Non ci sono telefonate immediatamente precedenti alla sua scomparsa» spiegò Tudini. «Ovviamente ce ne sono diverse nel corso della giornata, ma Marrano deve ancora guardarle e dirci se gli sembrano normali. Spero che si sbrighi ad arrivare, ma ha detto che doveva aspettare la babysitter. Per il momento non ha riconosciuto l’uomo del parcheggio, ma gli ho mandato solo una schermata, può darsi che vedendolo in movimento gli venga in mente chi è».
Sensi si arrotolò i capelli attorno a una mano e cercò di annodarli in qualche modo. Dove diavolo era finito il suo elastico? L’ispettrice lo fece scorrere verso di lui dal punto in cui era, sul ripiano della scrivania, e Sensi le rivolse un veloce sorriso di ringraziamento. Poi si fece una specie di chignon, dato che anche con l’aria condizionata era troppo caldo per lasciare i capelli sciolti.
«Abbiamo i filmati delle cct anche all’interno del super? Davanti all’ascensore, agli altri piani del parcheggio? Vorrei seguire i movimenti del nostro amico, qua, per quanto possibile. Voglio dire... sicuramente non era entrato a comprare qualcosa, ma...»
«Secondo me avevano un appuntamento» disse Tudini. «Non capisco perché lui sia senza macchina, però. Cioè, non capisco perché darsi appuntamento in un parcheggio sotterraneo se sei senza macchina».
Sensi si alzò e sbadigliò. Aveva dormito pochissimo anche lui e l’idea di Mainardi di mettersi per un po’ con la testa sulla scrivania non gli dispiaceva. Ma non aveva speranza, ne era ben consapevole.
«Va be’. Rosanna, tu occupati di ampliare il raggio nelle ricerche sulle cct. Cerca di capire da dove venisse il nostro amico e da che parte siano andati quei due. Max, convoca la colf, Antoneta Horia. Manda qualcuno a prenderla a casa se necessario».
«Quindi continuiamo a considerarlo un sospetto rapimento?» chiese il suo vice.
Sensi sospirò. «Magari verrà fuori che quei due sono solo andati a scopare, hanno avuto entrambi un malore per il caldo e tra un po’ rispunteranno, pentiti o stecchiti. Ma siamo onesti: chi avrebbe voglia di scopare, con questo caldo?».
Sia Tudini che la Riu misero su un’espressione vaga.
Sensi fece un gesto scocciato. «Solo persone dal baricentro erotico alto, è ovvio. E, okay, magari lo sono anche i due desaparecidos, non dico di no. Ma più probabilmente lui l’ha avvicinata e le ha detto qualcosa che l’ha convinta a seguirlo – qualcosa tipo: non gridare, non agitarti, ho rapito tuo figlio, torniamo alla macchina, dammi le chiavi, sali a bordo e preparati a un week end un po’ particolare».
«Magari è un bondagista pure lui» propose la Riu.
Tudini inarcò le folte sopracciglia.
«Rosanna, aggiornalo. So che ti piace discutere delle perversioni altrui. Poi mettetevi in moto. Quando arriva Marrano mandatelo nel mio ufficio».

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