lunedì 28 novembre 2011

Pierrot - 21

Per le tematiche trattate, si consiglia la lettura a un pubblico adulto.

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Il mio motto è sempre stato “uccidi e lascia morire”. Non ci provo gusto a dare sulle palle alle persone. Non uccido mai per motivi personali. Be’, quasi mai.

Mi piace farmi i cavolacci miei, girovagare dove mi pare, lavorare per chi voglio io.

Quel pomeriggio mi sbronzai di brutto, ma il giorno dopo stavo partendo per il Messico. Sono un frequent flyer, te l’ho già detto?

Arrivai a Canhcun nel primo pomeriggio, freddai un tizio alle quattro con un colpo di fucile di precisione, da un tetto, senza alcuna ispirazione. Che morisse, quel figlio di puttana!

Mi rimbarcai la sera alle sette, per Panama.

A Panama andai a sbronzarmi con un mio vecchio amico, che mi disse che sembravo disperato. Lasciai perdere il vecchio amico e me ne tornai a New York col primo volo.

Venni a sapere che le nozze sarebbero state celebrate a Saint Patrick, tre giorni dopo. Don Giuliano, forse, voleva togliersi il dente.

Clyde mi chiese di uccidere Romano e io gli dissi di no. Lester mi chiese di uccidere Romano e dissi di no anche a lui.

Cora mi chiese di uccidere Santos, ma non diceva sul serio. Le risposi che era già abbastanza punito dal doversi scopare lei. Cora mi disse che ero acido. Io le risposi che ero scazzato.

“E perché?” chiese Cora.

“Perché sono infelice, cazzo.”

“E perché sei infelice?”

“Perché mi sono dimenticato una cosa in un posto.”

“Ah. È grave?”

“Abbastanza.”

“Ah. Mi dispiace, Pierrot.”

“Non sai quanto dispiace a me.”

“Cos’era?”

“Il mio cervello, niente di serio. Nel mio culo.”

Cora rise e riattaccò, pensando che stessi facendo il misterioso.

Guardai per un po’ la sua foto sul suo passaporto, poi decisi che ero patetico e bruciai foto e passaporto. Dopo ero molto pentito. Costava cinquemila dollari, quel passaporto. E era l’unica foto. Merde.

Sabato mattina. Matrimonio.

Il tuo carissimo stronzo in piedi fuori dalla chiesa con una cicca in bocca (avevo ripreso a fumare) e un completo nuovo che sembrava già stazzonato. Barba di due giorni. Aria incazzata e infelice.

Cordone di sicurezza di uomini in doppio petto nero. Il tuo carissimo stronzo che fuma un’altra sigaretta.

Lester e Clyde che si affiancano al tuo carissimo stronzo. Battute taglienti.

Te la sei scopata anche tu, eh?

Yes, sir.

Cazzo, se la sono scopata tutti.

È una bottana, sir. Cosa normale.

Gli farà un cesto di corna.

Mica sono tanto sicuro, sir.

Meglio era se la accoppavi.

Per dieci pezzi non accoppo nemmeno uno scarafaggio, sir.

La pianti di chiamare me e quest’altro cornuto sir?

No, oggi mi girano le palle così.

Arriva la Madre dello Sposo. Sembra una fottuta bomboniera. Arrivano le Amiche della Madre dello Sposo. Sembrano vecchie battone. Arrivano gli Amici del Padre dello Sposo. Messicani, russi, cinesi, italiani.

Signori, arriva Lo Sposo.

Abbraccia tutti gli stronzi che gli capitano a tiro, gongola visibilmente, ha già il cazzo mezzo barzotto di prima mattina. Non importa se ha la giacca sopra. Io lo so. Lo vedo. Lo percepisco.

Mi abbraccia e io gli strizzo i coglioni per metterlo in imbarazzo. Gli altri ridono. Mi fermo appena un attimo prima di staccarglieli.

Ding-dong, le campane suonano.

Frush-frush, tutti ciabattano dentro alla chiesa. I Parenti dello Sposo da un lato. Gli Amici dello Sposo dall’altro. Niente Parenti e Amici della Sposa.

Tutti sono seduti e mormorano tra loro. Santos è al braccio di Cora. Anche se sono tutti e due già seduti lei non lo molla, non si sa mai.

Le Amiche della Madre dello Sposo parlottano.

Una bottana, povera Concettuzza.

Neanche di classe. Bottana di strada era.

Tempo un anno e diventa una cisterna.

Tempo due mesi e lo mette cornuto.

Nemmeno tanto bella è.

Silenzio imbarazzato. Be’, insomma, volgare. Volgare, volgare, annuiscono le altre.

Parte la marcia nuziale. Teste che si voltano all’indietro. Madre dello Sposo che inizia a piangere. Sposo impettito davanti all’altare, erezione ben evidente (per me). Prete falso-sorridente.

Entra la Sposa col Padre dello Sposo.

Il tuo carissimo stronzo deglutisce piuttosto forte. Tutti gli uomini presenti in sala deglutiscono piuttosto forte. Le donne no. Sibilano.

La Sposa indossa un vestito a bomboniera color crema, che farebbe sembrare un cesso anche Sharon Stone. A lei sta bene.

La marcia nuziale continua. La Sposa e il Padre dello Sposo raggiungono l’altare. Don Giuliano sembra che stia succhiando un limone. Con anche la buccia. La Sposa ha un’aria spersa, angosciata, impaurita, poverina.

Alla mia destra, Lester, alla mia sinistra, Clyde: entrambi con le loro due brave erezioni. Solo io non ne sono munito, mi sento in minoranza.

Mi sento.

Stronzo.

La Sposa e il Padre dello Sposo si fermano davanti all’altare. Lo Sposo è raggiante e si capisce benissimo che ha voglia di toccare sul culo la Sposa. La marcia nuziale sfuma.

Il prete attacca: siamo oggi qui riuniti e bla e bla e bla.

Il pubblico dormicchia. Il pubblico guarda fisso il culo della Sposa, sotto ai quintali di tulle color crema.

Il prete continua: se c’è qualcuno a conoscenza di un motivo per cui questo matrimonio non si debba celebrare parli ora o taccia per sempre.

Silenzio in aula. Risatine nervose. Lo Sposo che si volta a lanciare uno sguardo offeso complessivo: è il mio matrimonio, cazzo!

Il tuo carissimo stronzo guarda il soffitto. È molto alto. Certo, è una chiesa.

Il prete: Vuoi tu, Romano, prendere in sposa la qui presente Elisabeth-Mary, e amarla e rispettarla, in pace e in guerra, sui letti e sui divani, davanti e dietro, finché morte non vi separi, o almeno dopo che lei non sarà più calda?

Romano: Sì lo voglio. Eccome se lo voglio.

Il prete: E vuoi tu Elisabeth-Mary, prendere in matrimonio il qui presente Rotto-in-Culo, e amarlo e rispettarlo, prenderlo davanti dietro e in bocca, cinque volte al giorno come minimo, se no guai, finché finalmente lui non tirerà le cuoia?

Elisabeth-Mary: …

Il prete: Ehm.

Il pubblico: mormorio in veloce salita.

Il Padre dello Sposo: dai! (sottovoce).

La Madre dello Sposo: lacrime copiose.

Lo Sposo: improvvisa debacle.

Il tuo carissimo stronzo: profonda ruga in mezzo alla fronte. Inizio di extrasistole.

La Sposa: No.

No. No. No. No. No. No. Effetto sonoro nella platea. Attonita.

La Sposa si volta verso la platea, guarda il tuo carissimo stronzo. Il tuo carissimo stronzo scatta in piedi, scavalca un Lester che lo fissa con la bocca spalancata, schizza nel corridoio.

“Diamocela a gambe, piccola!” grida il tuo carissimo stronzo, acchiappando una Sposa che-ancora-non-si-rende-ben-conto per una manica di tulle color crema.

La ex-Sposa e il tuo grandissimo stronzo si scapicollano giù per la navata.

E ora.

Sono.

Fottuto.

4 commenti:

Luca Bonisoli ha detto...

!
Questo capitolo mi è davvero piaciuto! ^__^

Susanna Raule ha detto...

quasi finito, eh?
grazie!

Luca Bonisoli ha detto...

Tra Ravenstock e Pierrot è inquietante come riesci a rendere simpatici degli assassini...

Susanna Raule ha detto...

non ci avevo pensato. forse sì, è inquietante :D