mercoledì 16 novembre 2011

Pierrot - 17

Per le tematiche trattate, si consiglia la lettura a un pubblico adulto.

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Riemersi dalla biblioteca solo tre ore più tardi, quando il sole era vicino al tramonto. La trovai in cucina, vestita grazie al cielo, che guardava la zuppiera con dentro la pasta. Non sono una persona sensibile, ma giuro che mi si strinse il cuore.

“È lievitata, vero?” chiesi.

Lei mi fissò con aria raggiante. “È diventata tre volte più grande. Non avevo mai visto una cosa del genere.”

Ridacchiai, perplesso. Immaginavo che ne avesse viste a iosa, invece, ma era carino che non ci avesse pensato.

“Vieni qua, annusala.”

Lei obbedì con entusiasmo. “Ha un odore buonissimo! Che cosa ci facciamo?”

Le presi una mano e gliela misi sopra alla pasta. Ne sembrò deliziata. “Come è liscia… e morbida…”

Più o meno come la tua pelle, avrei voluto dirle, ma mi morsi la lingua.

“Tirala fuori, ora. Stendila sul tagliere.”

Liz la afferrò delicatamente da sotto e la trasportò sul tavolo come se fosse un bambino piccolo. La adagiò e la accarezzò un po’.

Le passai il matterello.

“Adesso la spianiamo. Devi staccarne un pezzo grosso più o meno così,” le indicai la misura. “E poi la spiani finché non diventa alta circa mezzo centimetro.”

“Okay,” disse lei, e provò a eseguire. Non fu un’operazione impeccabile, devo dire, ma avrebbe potuto andare peggio. Alla fine aggiustai un po’ il prodotto dei suoi sforzi e iniziai a far roteare la pasta in cerchio, in modo da renderla della forma giusta.

A quel punto Liz capì:

“La pizza! Stai facendo la pizza!”

“Brava Sherlock,” la presi bonariamente in giro, io.

Lei batté le mani. “Io adoro la pizza!”

E io adoro te, cazzo.

Oliai una teglia e ci sbattei sopra la pasta. “Accendi il forno,” dissi, e Liz eseguì, solerte.

Sparsi un po’ di pomarola sopra alla pizza con un mestolo. L’odore a crudo era buono il che mi sembrava positivo.

Infornai la teglia e mi dedicai di nuovo alla pasta. Iniziai a spianarla con le mani. Ero quasi sicuro che fosse più professionale. I pizzaioli, nei posti dove ti facevano vedere come si faceva, non usavano mai il matterello. O forse sì?

Liz mi accarezzò una mano, mentre affondava nella pasta.

“Mi piacciono le tue mani,” disse. “Non tremano mai. Sono forti e hanno quelle vene, là, sul dorso… non mi piacciono le mani pingui.”

La fissai per un attimo, serio. Poi le feci un minuscolo sorrisetto. “Grazie,” risposi, asciutto.

Ripresi a modellare la pasta e iniziai a farla roteare. Stava funzionando, mi sembrava. La appoggiai su un’altra teglia oliata, misi la pomarola e infornai anche quella.

“Penso che tu sia un bell’uomo,” ricominciò a parlare Liz, assorta. Sentivo il suo sguardo sulla mia nuca.

“Oh, si’… Tom Cruise mi telefona sempre per sapere come faccio!”

“Non assomigli affatto a Tom Cruise. A me piaci di più, ad esempio.”

Sospirai. Mi voltai.

“Liz? Che cosa vuoi da me?”

Lei si strinse nelle spalle. “Non potrei rimanere con te, giusto?”

Chiusi gli occhi. “No.”

“Sì, ok. Questo lo so. A Don Giuliano non piacerebbe. Se mi riporti a New York sposerò Romano. Questo è chiaro. Non sono idiota, Pierre. Solo, volevo sapere… se non dovessi sposarmi con Romano, no? E se tu non dovessi uccidermi… in questa ipotetica ipotesi… allora mi lasceresti rimanere con te?”

La guardai. Sospirai.

“Amore, non ti piacerebbe neanche un po’.”

Lei si strinse nelle spalle: “Ma tu mi lasceresti restare?”

“Non lo so. A me piace stare da solo, sai?”

“Io non darei fastidio.”

Le sorrisi. “Che cosa importa? Tanto non succederà, perché farsi queste domande?”

“Perché vorrei sapere se potrei interessare a qualcuno anche come persona,” rispose lei, come se fosse ovvio. E, merda, mi colpì e affondò.

Fu una roba tipo Waterloo: l’annientamento del nemico. Che stronzone.

Be’, sai com’è, la abbracciai e le sussurrai nell’orecchio: “Ma certo che c’è qualcuno a cui interessi come persona. Siamo maschi, piccola, ma ogni tanto il nostro cervello prende il controllo anche lui.”

Lei mi si era stretta contro e io mentalmente immaginavo tante istantanee venti per venti sulla scrivania di Don Giuliano, il che non era proprio rilassante.

Rimanemmo lì per un po’, lei con la testa appoggiata contro alla mia spalla, io con le braccia attorno alla sua vita.

Poi Liz sollevò la testa e mi baciò dolcemente sulla bocca.

E cosa credi che abbia fatto lo stronzone qui presente? Si è forse messo a gridare: “Brucia la pizza?”, ha forse fatto un salto all’indietro?

No, certo che no. Ovvio.

Invece spensi il forno con un movimento quasi subliminale, strinsi più forte Liz, e la baciai con passione.

Circa quattro millisecondi più tardi eravamo sul letto, mezzi nudi, che facevamo esattamente quello che Don Giuliano mi aveva pregato di non fare. E questa volta lo stavamo facendo per bene, ti assicuro.

Nessuno smacco, questa volta.

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