sabato 12 novembre 2011

Pierrot - 13

Per le tematiche trattate, si consiglia la lettura a un pubblico adulto.

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“Mi piace questa casa,” mi disse lei, quella sera, a cena.

“Già,” risposi. “Piace anche a me. Un vero peccato doverla vendere, se ti riporto a New York.”

“Perché? Che cosa c’entra, scusa?”

Mi infilai in bocca una forchettata di insalata e mi strinsi nelle spalle. “Nessuno sapeva dov’era, prima, e nessuno saprà dov’è la prossima. Non voglio che qualcuno mi insegua fin qua per provare a farmi la pelle, o semplicemente per assillarmi.”

“Tu non dici mai niente di te. Da dove vieni?”

“Marsiglia,” risposi, atono e laconico.

“In Francia?”

“Ma certo. Non senti il mio accento?”

Lei scosse la testa. “Non si sente tanto. Ma mi piace quando parli francese.”

Ridacchiai: “Come Morticia Addams, eh?”

“Ma no… mi piace il suono che hanno le erre, e mi piaci quando bestemmi in francese. È molto espressivo: sembra che tu stia dicendo qualcosa di orribile, di blasfemo.”

“Bah, di solito è cosi, ma cherie.”

“E perché sei diventato un assassino?”

Le sorrisi. “Chissà? Magari per indole.”

“Sei proprio uno strano personaggio. Non si capisce mai cosa ti frulla in testa.”

“Un sacco di cose semplici. Un sacco di cose complicate.”

“Non credo che capirei.”

“Non ha importanza, tanto non te le racconterò.”

“Come vivono i mafiosi?” mi chiese, saltando di palo in frasca.

Io risi. “Non lo sai?”

Lei si strinse nelle spalle. “Sono stata quasi sempre a letto, mentre ero con Romano. È come se qualcuno mi chiedesse come vivono gli assassini. Scopano anche loro, risponderei. O credi che qualcuno mi abbia mai spiegato qualcosa?”

“Gli italiani hanno un sacco di regole. Poi se ne fregano come tutti gli altri, però ne hanno un mucchio. Si aspettano che le loro donne siano fedeli e crescano i figli,” ridacchiai. “Questi sono gli italo-americani, ovviamente. Sono rimasti fermi a cinquant’anni fa.”

Liz fissò cupamente le proprie mani sul tavolo.

“Allora non funzionerà,” predisse. “In ogni caso non funzionerà.”

La guardai. “Tu non sei capace di sottrarti a niente, non è vero?”

Lei scosse la testa, silenziosa.

“Ma tu…” domandai “… che cosa vorresti fare?”

Aveva lo sguardo smarrito quando mi rispose: “Non lo so.”

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