giovedì 10 novembre 2011

Pierrot - 12

Per le tematiche trattate, si consiglia la lettura a un pubblico adulto.

-

Passai il resto del pomeriggio sul pontile, pescando. Era piacevole starsene là con la canna da pesca appoggiata sulle ginocchia, aspettando solo che il tempo passasse.

Posso essere molto paziente, è sempre stata una mia caratteristica. Non fare niente non mi pesa. Aha-ah!

A un certo punto presi anche un pesce di razza a me sconosciuta. Non sapendo bene cosa farmene lo sganciai e lo ributtai in acqua. Lui se la filò veloce come una scheggia, sollevato di essere stato graziato. Be’, dovevo fare allenamento anch’io. Con quella faccenda del graziare, intendo.

A un certo punto scorsi con la coda dell’occhio Liz che risaliva il pontile. Si sedette accanto a me, le gambe raccolte sotto di lei.

“Posso stare qua?”

“Certo,” risposi. “Vuoi una canna anche tu?”

Lei sorrise. “No, quella roba non so usarla.”

“Scemenze. Non la so usare neanch’io e prima ho preso un pesce. È che quelle bestie sono tremendamente stupide. Vai a prendertene una.”

Liz si alzò, silenziosa ed obbediente. Tornò con una canna da pesca smontata e io gliela preparai.

“E ora?” chiese lei.

“Ora niente. Aspetti che abbocchi qualcosa.”

“E come faccio a sapere che abbocca?”

“Si muove il filo. Te ne accorgi, tranquilla.”

“E poi?”

“E poi tieni la dannata bocca chiusa, se no non abboccherà mai niente!”

Lei chiuse la bocca, anche se mi guardò con occhi vagamente mortificati. Le accarezzai una guancia e la baciai, tanto per ammorbidire i toni.

Le sue gambe snelle penzolavano giù dal pontile e i suoi alluci sfioravano il pelo dell’acqua. Lei guardò l’orizzonte e sorrise.

Io mi sdraiai sul pontile, con la canna incastrata sotto alle gambe, e dormicchiai.

Non prendemmo più nemmeno un pesce.

Nessun commento: