giovedì 10 novembre 2011

Pierrot - 11

Per le tematiche trattate, si consiglia la lettura a un pubblico adulto.

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“Non è mica tanto sicuro che ti devo ancora uccidere,” comunicai a Liz, sedendomi al tavolo della cucina.

Lei mi fissò senza parole.

“Mi ha telefonato il vecchio,” spiegai, con calma. “Ha detto che Romano non dorme e non mangia, sicché gli dirà che sei morta e vedrà cosa succede. Anche se non sembra gli vuole bene, al debosciato.”

“E se non gli passa?” chiese lei, con un filo di voce.

“In quel caso ti riporto indietro e lui ti sposa.”

Lei rimase in silenzio ancora per un minuto buono, prima di mormorare, incredula: “Mi sposa?”

“A quanto pare,” risposi io, divertito.

“Una puttana?”

“Una bottana, come dice il vecchio. Sissignora. Pensa che non posso nemmeno più scoparti,” dissi, stringendomi nelle spalle.

Liz tornò a fissarmi. “Davvero?”

Sogghignai. “Non è che il vecchio sia su quest’isola, no?”

Rise anche lei, un po’ stancamente.

“A ogni modo mi è passata la voglia,” le comunicai. “Mi dispiace di aver fatto l’animale,” mi grattai il mento. “No, anzi. Non mi dispiace, devo dire. Non ho mai goduto così tanto in vita mia. Mi dispiace un pochino di averti fatto male, forse.”

“Ti sei fatto male anche da solo.”

“Puoi scommetterci.”

Lei scosse la testa. “E se gli passa?” chiese, a quel punto.

“Allora ti ammazzo,” risposi, tranquillo, quasi gioioso.

“Mi stavo abituando all’idea di essere un morto che cammina. Ora mi si scombina tutto. Non è corretto.”

“Già. Non piace neanche a me.”

“E allora… non potresti…”

“Farti scappare? Come no. Sento proprio il bisogno di rischiare il collo per colpa tua.”

Lei si mordicchiò le labbra.

“Ehy, su con la vita,” le dissi. “Quanto scommettiamo che non gli passa?”

Liz si alzò, arrabbiata. “La mia vita, magari?”

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