mercoledì 9 novembre 2011

Pierrot - 10

Per le tematiche trattate, si consiglia la lettura a un pubblico adulto.

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Quando mi risvegliai ero un unico dolore, affamato e… calmo. Lanciai a Liz una vaga occhiata. Era bella come sempre, ma finalmente i suoi lineamenti perfetti mi davano semplicemente gioia alla vista.

Scesi silenziosamente dal letto e mi stiracchiai. Scivolai in cucina e mi preparai una colazione ricchissima. Mangiai a sazietà e mi infilai sotto alla doccia con calma.

Mi lavai e insaponai, poi portai da mangiare a Liz.

La scossi gentilmente per una spalla e lei mi guardò con occhi quieti e stanchi.

“Ancora?” chiese, assonnata.

“Colazione,” risposi. “Io mi vado ad abbronzare.”

Lei mi parve quasi stupita, io risi. Il sole era caldo come sempre, il vento fresco, il mare meraviglioso.

Mi piaceva quella casa, anche se ci andavo poco. Sai com’è… sempre in giro a uccidere questo e quello!

Ascoltai anche, per la prima volta, la segreteria telefonica col telefono satellitare. Significava che mi stavo rompendo, ovviamente.

C’era un messaggio di Don Giuliano, che mi chiedeva notizie.

Lo chiamai.

“Sono Pierrot,” dissi, felicemente stravaccato sotto al sole.

“Dove ti sei cacciato?” mi rispose, brusco, il vecchio.

“Su un isoletta a prendere il sole,” risposi.

L’altro rimase in silenzio.

“Don Giuliano, c’è ancora?” finii col chiedere.

“Quel minchione di mio figlio sta facendo un gran casino,” rispose lui, lentamente.

“Ah,” non mi sbilanciai, io. Romano era un tipo preciso, mica scherzi. Che diavolo stava succedendo?

“Rivuole la sua bottana, dice che non riesce a dormire, senza di lei, e dannazione se non è vero. Quell’…” e qua introdusse una stringa di sillabe per me assolutamente incomprensibili.

“Ah,” feci, di nuovo. Be’, potevo capirlo.

“E tu sei in vacanza, eh?”

“Nossignore. Sto lavorando, più o meno.”

Don Giuliano rimase di nuovo in silenzio. Sapeva di non poter chiedere dettagli sui miei lavori, e nemmeno gliene fregava niente.

“Di’ un po’… l’hai ammazzata, eh?”

“Nossignore,” risposi, ridacchiando. “Non ancora.”

“Figghiuzz’ mio!” esclamò lui. “È ancora… tutta intera, eh?”

“Suppergiù,” non mi sbilanciai.

“In che senso?” inquisì il vecchio, sospettoso.

“Potrei averla un po’ usurata. D’altronde non è che fosse di prima mano, no?”

Don Giuliano ridacchiò. “Pierrot, Pierrot… anche tu figghiu meo… »

“Be’, l’ha vista no ?” ribattei.

“Come no. Allora, ascolta: tienitela ancora un po’, occhei? Solo non la sciupare. Ho detto a Romano che probabilmente l’avevi già ammazzata – ah, è un poco imbestialito co’ttia, ma gli passerà. Se non gli passa…”

“Se non gli passa accoglierà la prima bottana in famiglia,” conclusi io, decisamente ilare.

Don Giuliano mi rispose con un’altra stringa di parolacce in siciliano.

“Quanto la devo tenere?” aggiunsi io, che stavo già cominciando a fatturare mentalmente.

“Un altro poco, Pierrot. Un altro poco. Mille dollari al giorno da ora, ti sta bene?”

“Certo.”

“E smettila di fotterla.”

“Ok.”

“Sul serio, eh? Se ritorna indietro deve ritornare praticamente intera. È una questione di principio, capisci?”

“Certo. Me lo terrò nei pantaloni, Don Giuliano. Sono un professionista.”

Don Giuliano sospirò. “Sì, lo so. Tu sì.” E riagganciò il telefono.

Credo che, prima di rientrare, rimasi ancora un bel pezzo sulla spiaggia a ridere.

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