mercoledì 11 agosto 2010

Quello che non sai - 11

Quella sera fece una telefonata. Era una telefonata che non voleva fare e si chiese silenziosamente perché, nell’ultimo periodo, si era trovato a fare così tante cose che non voleva fare.

Per Salvemini, poi.

Il telefono suonò a vuoto per qualche secondo, poi una voce maschile rispose: “Sì?”

Sensi si lasciò cadere sul suo divano rosso. “Dario?” chiese.

“Sì, chi…?”

“Ermanno.”

Ci fu un silenzio.

“Ermanno? Quell’Ermanno?”

“Già,” rispose Sensi. “La tua voce non è cambiata.”

L’altro rise. “Neanche la tua. Da quanto… porca merda, saranno dieci anni.”

“Già.”

“Ho ricevuto i tuoi libri.”

Ci fu un altro silenzio.

“Avrei voluto fare di più,” finì col dire, Sensi.

“Non potevi fare niente. Non potevi, giusto?”

“No,” ammise Sensi.

“Sono felice di risentirti. Ho sentito dire che hai ammazzato uno del vecchio giro.”

Sensi chiuse gli occhi. “Ho dovuto.”

“Lorenzo era un pazzo.”

“Già.”

“Ermanno, come stai? Hai una voce strana.”

Lui sorrise. “Sto piangendo. È per questo che ho una voce strana.”

“E perché piangi?” chiese Dario, con quel suo lieve accento torinese che lo faceva sembrare sempre più gentile di quanto fosse davvero.

“Non so. Forse perché sono contento di risentirti. Forse perché sono preoccupato. Forse così, senza motivo. C’è una cosa che ti devo chiedere.”

Dario rimase in silenzio.

“Forse mi servirà uno spiritista. Uno vero.”

L’altro rise. “Niente meno. Be’, fammi pensare…” Passò un altro po’ di tempo. “C’è una tizia, a Siracusa…”

“Un po’ più vicino?”

“Allora Aldino, a Medesano.”

“Sarebbe?”

“Vicino a Parma.”

“Aldino,” ripeté Sensi. “Non lo conosco, giusto?”

Dario rise. “Non lo conosci. È un mezzo matto, anzi, un matto tutto intero. Uno da salute mentale.”

“Ma è uno spiritista.”

“Diciamo che coi morti ci parla come se fossero nella stanza. Non vorrai chiamare Nadia, vero?”

Sensi scosse la testa. Poi, visto che l’altro non poteva vederlo, disse, con voce strozzata: “No.”

“Davvero?”

Sensi sorrise. “Sì, davvero. Sai, le parlo anche troppo.”

“Ancora?”

Sensi sorrise di nuovo. “A volte. Grazie, Dario.”

“Oh.oh. Ho toccato un argomento proibito, vero?” rise l’altro.

“È la tua specialità.”

“Mi richiamerai?”

“Se posso, no.”

“Che la tua volontà sia sempre rispettata, signore delle ombre,” rise Dario. Poi tornò serio. “No, ci sentiremo ancora, forse ci rivedremo, ma non adesso. Ti do l’indirizzo di Aldino.”

“Grazie,” disse Sensi e si alzò per prendere una penna.

Dario gli diede l’indirizzo.

“Addio,” lo salutò. “Non metterti nei casini.”

“Già fatto,” rispose Sensi e chiuse la chiamata.

Poi si appallottolò sul divano e restò lì per un po’. A parlare con Nadia. A chiederle scusa ancora una volta.

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