martedì 10 agosto 2010

Quello che non sai - 10

Sensi era triste e nervoso, più triste e nervoso del solito. Non si voleva occupare di quel caso, il che era abbastanza normale. Non gli era mai successo di volersi occupare di un caso. Ma questa volta non se ne voleva occupare in modo più pronunciato. In effetti, avrebbe preferito accollarsi due casi di omicidio, piuttosto che occuparsi di quella faccenda.

Per quale motivo, poi? Perché gliel’aveva chiesto Salvemini.

Aveva lasciato la questura subito dopo la chiacchierata con Tudini, verso mezzogiorno, e si era diretto verso Bellavista con l’aria condizionata al massimo.

Non voleva rivedere Lia, eppure si preparava a farlo. C’era qualcosa di triste e di tragico, in lei, qualcosa che a Sensi non piaceva. Per qualche motivo incomprensibile, gli ricordava sua madre.

Be’, non gliela ricordava abbastanza da non poter andare a letto con lei, comunque, per cui avrebbe fatto anche questo, anche se era un’altra cosa a cui non teneva molto.

Ma la cosa che voleva fare meno di tutte, e che avrebbe fatto lo stesso, era chiederle di esporsi ulteriormente.

Scacciò il pensiero, schivò il motorino che cercava di farsi investire e infilò nello stereo un cd dei Bauhaus. Tanto, più giù di così non poteva sentirsi.

Dopo l’immancabile controllo al video-citofono, Lia lo accolse in un’inedita mise indianeggiante.

“Fossi in te, aggiungerei anche un turban…” iniziò a dire, scendendo dalla jeep. Lia gli tappò la bocca baciandolo come se fossero stati sbalzati improvvisamente dentro Via col vento.

“Mi sei mancato,” gli sussurrò, allontanandosi giusto di qualche millimetro.

Sensi, a disagio, chiuse a chiave la jeep senza che ce ne fosse bisogno. Non era molto probabile che qualcuno venisse a rubargliela nel giardino della villa. Non con una Maserati parcheggiata lì accanto, comunque.

Poi Lia lo trascinò all’interno, verso la frescura della camera da letto.

“Sarei venuto per…” riprovò a dire qualcosa, Sensi, ma fu di nuovo bloccato da un bacio passionale.

“Non che io abbia qualcosa contro l’essere un uomo oggetto, ma…”

Lia lo spinse sul letto e iniziò a slacciargli i pantaloni. “Zitto,” disse.

Sensi sospirò. Quando lei gli slacciò gli anfibi sospirò di nuovo. Sospirò anche quando gli sfilò la maglietta.

“E smettila,” lo rimproverò lei, salendogli sopra. “Sembri un condannato a morte.”

“È solo che volevo chie…”

Ma lei aveva iniziato a leccarlo e Sensi non aveva più le idee molto chiare. Le labbra rosso Chanel di Lia salivano e scendevano. Sensi chiuse gli occhi. C’era qualcosa che voleva chiederle… che cosa?

Sentì Lia che lacerava una bustina di plastica. Le sue labbra furono sostituite dalla stretta viscosa di un preservativo. Poi la sentì sopra di sé. I suoi piccoli seni sopra il petto, le costole contro le costole, l’osso pelvico contro la pancia. Lei iniziò a muoversi come un’onda, così aderente a lui da farlo sudare. Riaprì gli occhi. Lei lo guardava. Le sue labbra rosso Chanel sorridevano appena, si separavano leggermente, si avvicinavano alle sue.

Sensi rimase praticamente fermo.

C’era qualcosa che avrebbe voluto chiedere, prima del sesso.

Si lasciò baciare, si lasciò accarezzare i capelli, si lasciò guardare. Lasciò che lei lo stringesse fino a fargli male. Lasciò che le sue lacrime cadessero sulla propria faccia. Si lasciò sussurrare dichiarazioni d’amore inappropriate, contro le quali era indifeso.

Lei venne e lui era ancora lì, tramortito, intrappolato.

Sentì di nuovo le sue labbra, ma era anestetizzato.

Si voltò da un lato, scostandola. Lei lo guardò con espressione perplessa.

“Ti ho detto che devo chiederti una cosa, no?” mormorò lui, nel cuscino.

Lei si stese al suo fianco. “Pensavo che potesse aspettare. Avevo voglia di fare l’amore con te.”

“Sì, ok, l’abbiamo fatto, no?”

“Io sì.”

Sensi sbuffò.

“Va bene. Che cosa dovevi chiedermi?”

“Tra i filmati, no? C’è un nome che non capisco. Ho fatto qualche ricerca su Google.”

Lei si limitò a guardarlo.

“Metà non sapevo neanche chi fossero,” spiegò Sensi, vagamente a disagio.

“Sei sicuro di non volere che prima…” disse lei, guardando verso il basso.

“Lascialo perdere. Ascolta me, va bene? Guarda me.”

Lei sorrise. “Ti guardo. Mi piaci.”

“È fantastico, davvero. Ma chi cazzo è Roberto Lucero?”

Lei aggrottò la fronte. “Perché?”

“È un impiegato del fisco, è possibile?”

“Sì, perché?” ripeté lei.

“Perché non conta un cazzo. Che cosa ci faceva, là in mezzo?”

Lei sbatté le palpebre, confusa. “Era carino. Persino gentile.”

“Carino. Gentile.”

“Non carino come te, però,” sorrise lei.

Sensi si appoggiò su un gomito. “Lo supponevo. E tuo marito non lo sapeva, presumo?”

“Che cosa? Non ti capisco, Ermanno. E mi fai impressione, lì a metà strada tra la paranoia e l’orgasmo.”

“Ti ho detto di lasciarlo perdere,” ripeté lui, quasi con urgenza. “Quello che intendevo è: tuo marito non lo sapeva, che Roberto Lucero era solo carino, giusto?”

“Ah. No. Gli ho detto che era ai piani alti dell’ufficio del fisco. Altrimenti mi avrebbe picchiata. Ogni tanto lo fa.”

Sensi ignorò fermamente l’ultima parte delle frase. “Ma l’hai filmato lo stesso.”

“Per ricordo.”

“E adesso il filmino è in mano a Bonanni.”

“Sì, ma continuo a non capire.”

Sensi raccolse le energie per qualche secondo. “Devi andare da lui. Da Bonanni, intendo, e gli devi chiedere indietro quel dvd.”

Lia sbatté le palpebre, confusa.

“Devi spiegargli che si tratta di un filmato unicamente sentimentale,” continuò Sensi.

“Devo andare da Bonanni,” ripeté Lia, confusa.

Sensi annuì.

“Devo chiedergli indietro il filmato con Roberto.”

Sensi annuì di nuovo.

Lei si strinse nelle spalle. “Va bene,” disse, quasi indifferente.

Sensi si mise a sedere a gambe incrociate. Alcune volte avrebbe voluto che il suo corpo gli rispondesse appena un pochino di più, pensò, indispettito. Era ridicolo, lì seduto con il pisello sull’attenti. Cercò di ignorarlo.

“Bonanni potrebbe chiederti qualcosa in cambio. Ha due figli, ventenni.”

Anche Lia si sollevò, tenendosi in equilibrio su un braccio.

“Ho detto va bene,” ripeté.

“E dovrai insistere perché te lo dia subito, mentre sei in casa sua. Non devi seguirlo, devi solo ricordarti in che stanza entra.”

“Va bene.”

“Devi chiedergli se ce ne sono altre copie. Se ce ne sono, gli chiederai di avere anche quelle. Cerca di capire se sono in casa. Se non sono in casa, gli dirai che non importa. Che ti basta avere una copia. Hai capito?”

“Sì.”

Sensi continuò, impaziente: “Se non ti vuole ridare il dvd, devi lasciar perdere quasi subito, ok? Bonanni non è una bella persona.”

“Non conosco molte belle persone.”

Sensi la prese per un braccio. “Sì, ma da lui ti ci sto mandando io.”

Lei sorrise. “Questo è meglio se non glielo dico.”

Sorrise anche Sensi. “No, meglio di no.”

Lei gli passò un braccio attorno alle spalle e scivolò verso il basso. “Non sentirti in colpa,” mormorò, mentre le sue labbra rosso Chanel scendevano lentamente lungo il suo petto.

Sensi si appoggiò con la schiena contro la testiera del letto e cercò intensamente di non farlo.

4 commenti:

Luca Bonisoli ha detto...

Una cosa che apprezzo delle tue storie sono gli stratagemmi "indiretti" che inventi. Anche sapendo che in un DVD c'era un signor nessuno, se fossi stato in Sensi non mi sarebbe mai venuto in mente di chiedere a Lia di fingere di recuperarlo per raccogliere informazioni.
E' un modo di risolvere i problemi che ho sempre trovato molto affascinante, ma non sono mai riuscito ad applicarlo alle mie storie (non rientra proprio nella mia forma mentis: sono troppo diretto). Complimenti! ^__^

Susanna Raule ha detto...

grazie. non sono sicura di non comportarmi IO così, per tutto il tempo. :)

Luca Bonisoli ha detto...

Secondo te dipende anche dal fatto che sei una donna?
Lo chiedo perchè è un tipo di approccio che ho trovato molto più spesso in donne che in uomini.

Susanna Raule ha detto...

forse è vero...