lunedì 19 ottobre 2009

Clamidia - 32

Baumann era stanco e disgustato. Avevano parlato con Gila Hoffmann, se quella si poteva definire una conversazione. A Baumann era sembrato di cercare di far parlare un manichino. Non che Gila non volesse collaborare, ma era intontita, come se si fosse appena fatta. E probabilmente era così.

Non aveva mai visto Hannele, o forse sì, non se lo ricordava.

Voigt era fondamentalmente la sua anima gemella, o questo era quello che biascicava quando glielo chiedevano.

Certo, non era un tipo semplice. A volte si arrabbiava. Ma aveva avuto un’infanzia tanto difficile…

Baumann quella parte sull’infanzia difficile la detestava.

“Come se tutti quelli che hanno avuto un’infanzia difficile poi fossero diventati dei porci fatti e finiti,” disse alla Vogel, mentre tornavano in ufficio.

“Almeno una parte non è sopravvissuta per raccontarlo,” fu la sua risposta sibillina, e Baumann decise di lasciar cadere l’argomento.

“In ogni caso è chiaro che questa ragazza non ci può aiutare. È una drogata.”

“Già.”

“Quello che non capisco è come ha potuto stare con un tipo come Voigt. Non si rendeva conto che era un… che non era una brava persona?”

“Immagino che fosse meglio che non avere nessuno.”

“Sono certo che la faceva battere.”

La Vogel sorrise appena. “Oh, se è per questo credo che gliene abbia fatte di tutti i colori. Uno che campa schiavizzando delle ragazzine non è capace di amare nessuno. Ma immagino che Gila pensasse che gli abusi, le botte e tutto il resto significassero che a lei ci teneva.”

Neanche quelle interpretazioni psicologiche convincevano molto Baumann, ma evitò di dirlo. Secondo lui Gila era solo una prostituta tossica, che si era messa con un suo pari.

“Il fatto è che per ucciderlo avrebbe fatto la fila mezza Berlino. E non abbiamo ancora trovato una connessione con il caso Sculte, ammesso che ci sia.”

“Credi che il poliziotto italiano ci abbia messo volutamente fuori pista?”

Baumann scosse la testa.

“Non lo so. Sembra incredibile, ma non ha ancora fornito una spiegazione chiara sul perché fosse a Berlino e per quale motivo la vittima avesse il suo numero nelle ultime chiamate. E anche questo è incredibile, per come la vedo io.”

“Uno di noi dovrebbe andare in Italia e metterlo alle strette,” disse la Vogel, continuando a guidare.

A Baumann sembrò una proposta decisamente ardita, anche se non priva di senso.

Schneider ci ucciderà, quando glielo chiederemo,” sentenziò.

2 commenti:

paolo raffaelli ha detto...

"... se hai avuto un'infanzia difficile non puoi farla scontare agli altri..." op. cit.

:)

p.

Susanna Raule ha detto...

eh, già.
poi di solito invece è così.