giovedì 15 ottobre 2009

Clamidia - 29

“Sei lo schiavo peggiore che io abbia mai avuto,” borbottò Sonia, con la testa appoggiata sulla sua spalla. Sensi sorrise pigramente.

“Non avresti dovuto perdere l’equilibrio.”

Erano incastrati nel letto singolo di lui e Sensi era vicinissimo ad addormentarsi. Si tratteneva perché sapeva che per qualche arcano motivo alle donne il sesso non metteva sonno, ma solo un’urgenza comunicativa insolita e crudele.

“Dovresti depilarti le ascelle,” disse, infatti, Sonia.

“Ma certo. E farmi le sopracciglia e sbiancarmi il buco del culo.”

Lei si mise a ridere. “Conosco gente che l’ha fatto davvero.”

“Tu conosci gente che ha fatto davvero ogni sorta di stronzata. Posso farti una domanda?”

Lei inarcò le sopracciglia, continuando a giocherellare con i suoi peli delle ascelle, segno che forse, tutto sommato, non erano così inguardabili. “Sarà una domanda profonda e inaspettata o qualcosa sulla linea del perché fai questo lavoro?”

“Sulla linea del perché fai questo lavoro. Se volevi una domanda profonda e inaspettata non dovevi scoparmi due volte. Le domande profonde e inaspettate mi riescono solo quando sto provando a fare il figo con una tipa che voglio portarmi a letto.”

Sonia si stiracchiò e si incastrò meglio contro di lui.

Posso permettermi un appartamento di duecento metri quadri e una Porsche è una buona risposta?”

“Certo che no. Anche fingendo che tu non abbia un cervello, solo con la carrozzeria potresti permetterti appartamento e macchina andando a sfilare per Roberto Cavalli senza bisogno di pisciare in faccia a nessuno.”

Lei rise. “Scommetto che non hai mai fatto pissing.”

“Lo ammetto. Ma il mio diretto superiore è Salvemini, quindi è un po’ la stessa cosa.” Sensi giocherellò con il piccolo diamante che lei aveva sull’orecchino all’ombelico. “No, quello che mi chiedo è… ti piace? Umiliare ciccioni per lavoro, intendo? Perché non fare la modella o che ne so?”

“Mh.” Lei si strinse nelle spalle. “Comunque ho fatto la modella, per un po’. Quando ero una ragazzina. Un mestiere di merda e meno redditizio di quanto si pensi. Per diventare davvero ricca sfondata facendo la modella devi… non so. Devi avere qualcosa che io non ho. Vedi, il mio viso…”

Sensi la guardò con espressione ironica.

“…manca di personalità. Così mi hanno detto. È troppo regolare, troppo cesellato. E non ho lo sguardo giusto.”

“Ma davvero.”

“E poi, a ben vedere, la carriere di una modella dura poco. Fino a trent’anni, se sei fortunata. Io ne ho trentacinque – anche se ovviamente lo negherò fino alla morte se interrogata in merito. Ho davanti ancora almeno quindici anni di carriera.”

Sensi si allungò fino a baciarle la punta di un capezzolo. “Sai che cosa sei, tu? Un commercialista. Hai l’anima nera di un commercialista.” Ridacchiò. “Santo cielo, sono stato scopato da un commercialista.”

“Proprio tu vieni a parlarmi di anima nera?”

“Touché.”

“E comunque erano anni che non scopavo con qualcuno. Dovresti essere soddisfatto.”

“Oh, credimi, lo sono. E, tra parentesi, non credo che tu non abbia personalità. Tu ne hai anche troppa.”

Lei sorrise quasi timidamente. “Il fatto è che voglio fare quello che mi pare. Non voglio qualcuno che mi dica se devo dimagrire, ingrassare, tingermi i capelli di biondo o tagliarmeli corti. Non voglio che qualcuno mi dia degli ordini.”

“Ma ti sei fatta cento chilometri per una scopata.”

“Credo che ora tu ti stia sopravvalutando un po’.”

Sensi sorrise. “Be’, io mi sono fatto milletrecento chilometri per farmi attaccare la clamidia.”

Lei si spostò una ciocca dei capelli corvini dietro un orecchio. Forse, dopo tutto, non era una parrucca. “E era una delle ragazze di Voigt?”

Lui la guardò in silenzio per un istante. I suoi piccoli occhi chiari e incassati accarezzarono pigramente il suo corpo privo di qualsiasi imperfezione, senza trovare un posto più bello degli altri dove fermarsi.

“Io credo che fosse la ragazza che ha ucciso Voigt,” disse, alla fine, lentamente. “Quello che non so è chi ha ucciso lei.”

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