mercoledì 14 ottobre 2009

Clamidia - 28

Frau Voigt era stata una bella donna, anche se visto il suo aspetto attuale era difficile crederlo. Gli zigomi alti erano crollati, gli occhi erano segnati, il fisico aveva ceduto un po’ ovunque e i radi capelli biondo ossigenato non aiutavano a darle un aspetto signorile.

Era andata ad aprire ai detective in ciabatte, infagottata in una tuta da ginnastica color lavanda.

Non li invitò a entrare. Si limitò a guardarli con gli occhi acquosi e infossati, come un cocker che aspetta un calcio.

Baumann le spiegò che la polizia aveva ripreso in mano il caso di suo figlio e che erano venuti a informarla della cosa. Le disse che avrebbero potuto esserci dei progressi, ma di non sperarci troppo.

Frau Voigt aveva l’espressione meno speranzosa che Baumann avesse mai visto. “Io so perché mio figlio è morto, Polizeioberkommisar,” disse. “È morto perché era una persona malvagia.”

Baumann rimase in silenzio.

“Si guadagnava da vivere in modo malvagio. Il male gli è tornato indietro, questo è tutto.”

“Il problema, signora, è che a quanto pare la questione non è chiusa. Abbiamo un altro omicidio e pare che ci sia un collegamento.”

Frau Voigt scosse la testa.

“Per molti anni ho pensato che ci fosse speranza per tutti, anche per lui. Ma quando è morto ho capito che non era così. Gunter era cattivo – forse è stata colpa mia, ma che cosa posso farci? Tutti sapevano che era una persona malvagia. L’unica a non rendersene conto era Gila. O forse lo sapeva anche lei, ma non aveva nient’altro.”

“La sua fidanzata?” chiese Baumann.

Frau Voigt fece una smorfia.

“La sua schiava,” lo corresse.

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