venerdì 9 ottobre 2009

Clamidia - 21

Il Polizeiobermeister Schneider si era alzato alle sei e mezza come tutte le mattine. Si era preparato per uscire con la consueta meticolosità, indossando un completo comodo e una cravatta azzurro pallido. Era arrivato nel suo ufficio alle sette e mezza e aveva controllato la posta.

L’ispettore Baumann era arrivato circa un quarto d’ora più tardi, con la faccia stanca e preoccupata.

“Posso parlarle?” aveva chiesto, e Schneider l’aveva fatto accomodare.

“Riguarda l’indagine sull’uccisione di Hannele Sculte.”

“Lo immaginavo.”

“Sono arrivati gli esami del capello. La ragazza ha usato mdma per un breve periodo quattro mesi fa, circa per un mese, per il resto era pulita.”

“Un’ulteriore prova che non si è trattato di un delitto tra tossicodipendenti.”

Baumann annuì seccamente. “Mi stavo facendo delle domande su quel mese, però.”

“Ha ragione. Non possiamo trascurare nessuna pista.” Poi, senza apparente connessione, Schneider sollevò il telefono e aggiunse: “Proverò di nuovo a rintracciare il nostro collega italiano.” Staccò un post-it giallo dal monitor del computer e inforcò un paio di occhiali. Poi, leggendolo dal post-it, compose il numero dell’interno dell’ufficio del commissario Sensi della questura della Spezia.

“Buongiorno,” disse, dopo qualche secondo, in inglese, rivolgendo un sorriso falso alla cornetta, “sono il Polizeiobermeister Schneider, mi dispiaccio per l’orario della mattina… cerco il Polizeiobermeister Sensi, sì?”

Baumann, sconfortato, non osò fare commenti sull’inglese dell’altro. Il capo era il massimo della democrazia, ma c’erano cose che era meglio non fargli notare.

“Ah, salve! Come va’ avanti, oggi?”

Sensi, nel suo ufficio in penombra, con ancora davanti Mainardi e la Riu, soppresse diligentemente la tentazione di rispondere che andava avanti come al solito, brancolando nel buio.

“Siamo a metà di un’inchiesta rognosa, Polizeiobermeister. Non ho dormito neanche un minuto, ma volevo chiamarla.”

“Sì? Bene, anche io voglio chiamarla.”

Sensi evitò di fargli notare che era esattamente quello che stava facendo. “Riguarda Hannele Sculte.”

“Sì, anche io!” esclamò il poliziotto teutonico, chiaramente speranzoso. “Io capisco l’importante indagine su Mafia, mh-mh… suo magistrato mi ha detto. Ma noi necessitiamo delle informazioni sulla vittima che lei detiene.”

Sensi aggrottò le sopracciglia. “Mafia?”

“Sì, sì, io non so niente. Solo… una voce nel corridoio, ok?”

“Già, be’, non ho idea di quel che le hanno detto, ma io non sto facendo nessuna indagine sulla Mafia.”

“Certo. Io non so niente. E Hannele?”

Sensi sospirò, rinunciando a spiegargli che aveva un problema di rapinatori, non di mafiosi. “Penso che dovrebbe controllare la morte di un certo Gunter. Purtroppo non sono riuscito a sapere il cognome. Un tizio alto, magro, coi capelli lunghi e scuri, il viso lungo, con l’aspetto di un gotico. Aveva una saletta riservata al Dark Friday o qualcosa del genere. Non ho idea di come sia morto, ma potrebbe esserci una connessione con il suo caso.”

“Io forse conosco. Gunter Voigt, un… uno… come si dice quando uno è il papà di una prostituta?”

“Pappone,” rispose Sensi. “Be’, controlli lui.”

“Se lei potesse dire come ha saputo questo…”

Sensi scosse la testa, sorridendo. “Me l’ha detto il fantasma della vittima. Adesso la devo lasciare.”

“Ooo-kay. Tutto molto riservato. Ooo-kay, collega. Io la tengo in aggiornamento.”

Schneider chiuse la comunicazione, sorridendo felice.

“Inizia a sbottonarsi,” confidò all’ispettore Baumann.

Baumann gli restituì il sorriso. L’inglese del vecchio poteva essere pessimo, ma alla fine otteneva sempre quello che voleva.

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