giovedì 8 ottobre 2009

Clamidia - 20

Alle sei e venti Sensi era in questura. Non si poteva considerare un arrivo mattutino, perché non aveva dormito per niente.

Mainardi sembrava appena uscito da un lavaggio in centrifuga, la Riu era granitica come al solito. Tudini era l’unico che si era salvato da quel caso pernicioso, visto che si stava occupando di una serie di scippi sugli autobus. Sensi gli aveva già detto di arrestare tutti i controllori, per sicurezza, ma Tudini, inspiegabilmente, sembrava pensare che fossero innocenti.

“Ispettrice, ci racconti la sua ricostruzione dei fatti,” iniziò, stancamente, Sensi, sorseggiando la sua seconda Red Bull della giornata.

“I tre sospetti, maschi, bianchi, tra i trenta e i quarantacinque anni…”

“La versione breve, ispettrice, se non le dispiace.”

“Hanno scassinato la saracinesca, l’hanno riabbassata, hanno disattivato l’allarme e poi si sono dati a segare i cardini della porta.”

“E il pannello di controllo dell’allarme…”

“È subito dietro la saracinesca. Uno entra e ha trenta secondi per disattivarlo. Poi apre la porta. Non so di chi sia stata questa brillante pensata…” la Riu si passò una mano sulla faccia, il primo segno di stanchezza che Sensi le avesse mai visto fare. “Comunque. C’è un altro pannello dietro la porta. Disattivato anche quello. L’agente sulla strada non ha visto niente.”

“Traduzione: dormiva,” commentò Sensi.

“Lui sostiene di no.”

“È quello che sosterrei anch’io. Ma poteva anche essere andato a pisciare.” Sensi si interruppe un attimo e guardò la propria lattina di Red Bull. “Merda,” bofonchiò, “adesso dovrò farlo anch’io.”

Resisteva stoicamente da quella notte alle quattro e mezza, ma era chiaro che il tè della signora Russo, unito a due lattine di Red Bull, alla fine l’avrebbero fregato.

Tirò fuori il blister degli antibiotici, ne buttò giù uno e ci bevve sopra un altro sorso di Red Bull.

“Hai già problemi di prostata, capo?” scherzò Mainardi.

“Ha preso la clamidia,” rispose la Riu, volenterosa.

“Sì, me l’ha attaccata l’ispettrice,” spiegò Sensi, serissimo. “Okay, facciamo un pronostico: quanto ci vorrà prima che chiami Marini?”

Mainardi aggrottò la fronte. “Supponendo che si svegli alle sette e mezza, che arrivi in ufficio alle otto… abbiamo ancora un’oretta e mezza, capo.”

Sensi soppesò brevemente l’informazione.

“Dategli in pasto l’agente piscione,” deliberò, alla fine.

“Signore, con tutto il rispetto…” iniziò la Riu.

“Ispettrice, è chiaro. Il rispetto è fondamentale. E poi l’ho perdonata per avermi attaccato la clamidia, sa.”

Lei sospirò. “Con tutto il rispetto, io credo che dovremmo farci un’altra domanda.” Un lieve sorriso. “Oltre a come pararaci il posteriore, intendo.”

Sensi ruotò la sua poltroncina verso di lei e intrecciò le mani dietro alla nuca. “Posteriore? L’altra notte non era così educata, ispettrice…”

La Riu aggrottò la fronte. “Ha mai sentito parlare del dl 41del ’96?”

Sensi continuò a sorridere, rilassato, facendo ruotare leggermente a destra e a sinistra la poltroncina. “Le sembro il tipo, ispettrice? Ma sono certo che è in grado di citarmelo a memoria.”

“Ma certo. Dice che per molestia sessuale si intende ogni atto o comportamento indesiderato, a connotazione sessuale, che leda la dignità e la libertà morale della persona, compresi anche gli atteggiamenti puramente verbali o scritti. E aggiunge che se il comportamento é tenuto da un datore di lavoro oppure da un superiore gerarchico, avvalendosi di forme di pressione o ricatto in relazione alle condizioni di lavoro o comunque allo status di lavoratore o lavoratrice subordinati, la pena é della reclusione da tre mesi a due anni.

Sensi inarcò le sopracciglia in modo enfatico. “E non conosce anche qualche legge contro il mobbing, ispettrice?”

La Riu sospirò. “Signore… stavo cercando di farle notare…”

“Ispettrice, lei stava cercando di rompermi le palle. Sicuramente c’è una legge anche per quello e l’avrei dovuta querelare da tempo. Adesso ci riprovi senza la premessa del dovuto rispetto.”

“Allora, senza alcun falso rispetto, signore, credo che ci sia una domanda che non ci stiamo ponendo: l’agente di guardia poteva essere andato ad urinare quando i ladri sono entrati, ma quando sono usciti dov’era? E poi…”

“Come cazzo ha fatto ad accorgersi che c’era stata un’effrazione?” concluse Sensi.

La Riu socchiuse gli occhi.

“Quando non molesto sessualmente i miei sottoposti a volte mi capita di pensare. È una pessima abitudine, ma l’ispettore Mainardi questa mattina non era disponibile per la solita sveltina nei bagni.”

Mainardi ridacchiò. “Capo, avevi giurato che non l’avresti detto a nessuno!”

La Riu sbuffò. “Be’, qualcuno di voi due ha una risposta?”

Sensi buttò giù un altro sorso di Red Bull, serafico.

“Effettivamente sì,” ammise.

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