domenica 27 settembre 2009

Clamidia - 6

“Non era un numero falso,” stava spiegando il commissario capo Schneider, esattamente nello stesso momento, durante la riunione notturna della sua squadra, a Berlino. “Abbiamo contattato il gestore telefonico italiano e ci hanno confermato che si trattava di un numero interno della questura di La Spezia, Italia.”

“Ma perché si sono rifiutati di parlare, allora?” chiese l’ispettore Baumann, perplesso.

“Non sono certo che si siano rifiutati. Il collega italiano – presumo che fosse un collega – mi ha fatto un lungo discorso, solo che non ho capito con esattezza che cosa volesse dire. Credo che fosse qualcosa come “non sono autorizzato a parlare”. Ma sa come sono questi italiani… non amano essere diretti.”

“Capisco. Ho portato a termine la ricerca che mi aveva affidato, Polizeiobermeister… risulta che il commissario Ermanno Sensi ha ricevuto una decorazione al valore, qualche anno fa, in seguito alla sua attività di infiltrato. Non sono riuscito a saperne di più, mi dispiace.”

“Sotto copertura, eh? Questo conferma la mia ipotesi. È evidente che un elemento del genere non poteva essere in quel ritrovo di sbandati per puro caso. Domattina proverò a richiamarlo sul suo numero personale e vedrò se riesco a convincerlo a sbottonarsi un po’. In via… informale.”

L’ispettrice Vogel, che fino a quel momento aveva ascoltato a braccia incrociate, fece uno smorfia di disappunto.

“Non capisco come la Sculte si sia potuta trovare in mezzo a un’indagine internazionale dai contorni così… sfuggenti. Da quel che ho appurato fino a questo momento si trattava di una normale studentessa fuori corso, una gotica dalla vita sessuale un po’ movimentata, ma sostanzialmente non dissimile dalle sue coetanee.”

“Forse è rimasta coinvolta per caso,” ipotizzò l’ispettore Baumann. “Era nel posto sbagliato al momento sbagliato. Capita.”

Il commissario capo Schneider si accarezzò i folti baffi grigi. “Temo che la sua sia soltanto una pia illusione,” commentò, in tono grave.

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