sabato 26 settembre 2009

Clamidia - 5

“È stato un lavoretto veloce,” gli spiegò Mainardi, quando arrivò sul luogo dell’ultimo furto.

Via Sant’Agostino era a cinquanta metri scarsi dal suo portone, quindi raggiungere i suoi uomini non era stato particolarmente faticoso per Sensi. Era un vicolo dal lastricato relativamente nuovo, dai palazzi alti e antichi, le cui facciate sarebbero state da rifare. Qualcuno aveva scritto su un muro No al forno, e Sensi sorrise.

Aveva visto scritte contro la centrale Enel, contro la Telecom, contro l’inceneritore e, ovviamente, aveva visto centinaia di scritte contro il Pisa, ma a una prima occhiata sembrava che il writer avesse motivo di malcontento nei confronti di una panetteria. Gli attivisti contro il forno inceneritore dovevano migliorare un po’ la grammatica della loro protesta.

“Hanno scassinato la saracinesca con un piede di porco, scardinato la porta e sono entrati senza preoccuparsi dell’allarme. La cassaforte l’hanno semplicemente estratta dal muro piazzando delle cariche di esplosivo.”

Sensi osservò distrattamente la saracinesca semi-alzata. “Ah, sei un artificiere, adesso?” chiese, per il solo gusto di rompere le palle a Mainardi.

“Dimmi tu che cos’altro avrebbe potuto spaccare il muro così.”

Sensi entrò nella gioielleria e diede un’occhiata al buco nero dietro il bancone. C’erano calcinacci un po’ dappertutto.

“Vabbe’,” concesse.

“E sono stati molto veloci, come dicevo. Il tempo medio di intervento su allarme della Lince è di sei minuti. Quando sono arrivati erano già scomparsi.”

Sensi ne approfittò per soffiarsi il naso. “Ne sembri compiaciuto, Mainardi,” commentò.

L’altro gli rivolse un’occhiata colpevole. “Be’, sai com’è. Erano assicurati.”

“Guarda che un crimine contro il patrimonio è sempre un crimine,” rispose, con una certa soddisfazione perversa.

“Non intendevo…”

“No, neanch’io intendevo scendere dal letto per avere il piacere di guardare un buco nel muro,” specificò Sensi. “Richiamami quando avrete un buco in una persona, se non altro.”

L’ispettore Mainardi lo vide andarsene avvolto in una nube di malumore nera come i suoi vestiti, chinarsi per passare sotto la saracinesca e scomparire nell’oscurità del vicolo.

“Capo, ha anche chiamato qualcuno che parlava in inglese, oggi!” gli gridò dietro.

Sensi rimise la testa dentro. “E ha detto?” domandò, non particolarmente incuriosito.

“Non lo so, parlava inglese,” rispose Mainardi.

“Per fortuna ci sei tu,” concluse il commissario, prima di scomparire di nuovo.

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