venerdì 25 settembre 2009

Clamidia - 4

“Sei stata accoltellata alla schiena,” disse Sensi, che non aveva mai partecipato a un’indagine internazionale e non ci teneva a farlo, quando il fantasma di Hannele comparve ai piedi del suo letto.

“Non me lo ricordo,” rispose l’altra, vacuamente.

“Probabilmente eri sbronza,” ipotizzò Sensi.

Hannele si strinse nelle spalle. “Non so cosa fare.”

“Ti suggerisco di andare dal Polizeiobermeister Schneider. Sembra un tipo a posto, anche se dovrebbe lavorare un po’ sul suo inglese,” suggerì lui, speranzoso.

Il fantasma di Hannele sembrò abbattuto e rattristato. “Tu non mi vuoi aiutare,” mormorò.

“Senza offesa, ma non vedo come potrei farlo. Ho dei problemi ad aiutare anche le vittime ancora vive.”

“Non so dove andare. Ho freddo.”

Sensi evitò di farle notare che, visto che c’erano trenta gradi, probabilmente aveva freddo perché era morta. Persino lui riusciva a capire che non era una frase delicata da pronunciare, in quelle circostanze.

Invece si rassegnò a parlarle per un po’, ad ascoltare le sue frasi sempre uguali, monotone e soporifere.

Di norma i fantasmi non sono famosi per la conversazione brillante, ma Sensi sospettava che in Hannele in particolare fosse una condizione innata.

Alla fine si addormentò.

Nel sogno che fece, coerentemente, una donna simile a Hannele cercava di morderlo tra le gambe con una bocca spaventosamente sbavante.

Sensi non era nuovo a incubi di quel genere, e il suo subconscio non si prese la briga di farlo svegliare in un bagno di sudore.

Fu la musica del suo cellulare a salvarlo da una probabile castrazione onirica.

“Capo, dovresti venire alla gioielleria di via Sant’Agostino,” gli disse Mainardi, senza giri di parole.

“Non sono ancora pronto per comprare un anello,” biascicò Sensi. Ai piedi del letto il fantasma di Hannele lo osservava con sguardo afflitto.

“Meglio così, credo che non gliene siano rimasti,” replicò Mainardi.

Sensi sospirò, guardò l’orologio, appurò che erano le undici di sera, e scese cautamente dal letto. Aveva il naso completamente costipato e anche se nessuno gli aveva staccato il cazzo a morsi l’impressione generale era proprio quella.

“È tutta colpa tua,” disse al fantasma, puerilmente.

Hannele si limitò a fissarlo con occhi vuoti.

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