mercoledì 5 agosto 2009

Mezza sega - 12

Il giro degli altri alberghi era stato infruttuoso. Era probabile che Cervi si fosse nascosto da qualche altra parte, chissà dove, magari fuori Spezia.
Sensi, scoglionato, se ne andò a casa verso le cinque, si sdraiò sul letto e mise sul piatto Pornography, che ci stava sempre bene. Un giardino degli impiccati, in quel momento, non gli sembrava male. Se poi uno degli impiccati fosse stato Cervi sarebbe stato ancora meglio.
Dopo i Cure ascoltò Into the Labyrinth dei Dead Can Dance e Simphonia Sine Nomine degli Ataraxia. Per la serie: verso la depressione più nera.
Mari lo chiamò verso le sette e mezza.
“Stasera dormo da te,” disse, a titolo puramente informativo.
“Senza offesa, ma stavo giusto pensando di implorare Carmel di farlo lei, e Carmel ha un culo più bello del tuo.”
L’altro sbuffò. “Non hai capito: il mio ragazzo mi ha sbattuto fuori di casa. Non so dove andare.”
“Potresti sempre prendere una stanza da camere e spaccio.”
“Sì, certo, potrei anche portarmi due crocchette per Fuffi. Grazie tante per l’ospitalità, eh? Ricordami di mirare meglio, la prossima volta.”
Sensi guardò il soffitto per qualche istante. Non che Carmel si sarebbe fatta commuovere, d’altronde.
“Va be’. Vieni, dai. Ma dormi sul divano, è chiaro,” acconsentì, alla fine.
Mari arrivò con una velocità sospetta. Proprio come se avesse chiamato da sotto casa di Sensi, in effetti.
Il commissario andò ad aprirgli scalzo e con una birra in mano.
“Ma devi aiutarmi di nuovo con la fasciatura,” disse. “E niente lingua in bocca.”
L’altro alzò gli occhi al cielo, prese la birra e gli passò accanto. Mollò la giacca sul mobile bar e si andò a sedere sul divano. Aveva gli occhi iniettati di sangue.
“Fondamentalmente Marco si è rotto le palle del fatto che non contribuisco alla vita domestica,” iniziò a lamentarsi.
“Significa che sei un taccagno?” chiese Sensi, andandosi ad aprire un’altra birra.
“Significa che non lo accompagno a fare la spesa, non gli compro cazzate e non sono mai andato all’ufficio postale insieme a lui.”
Sensi si stravaccò sul divano. “Sembra quello che farei anch’io.”
“È quello che farebbe qualsiasi persona di buon senso,” si lamentò Mari. “E con questo non voglio dire che tu sia una persona di buon senso. In più scopo un po’ in giro,” ammise.
“Se non fossi un brigadiere dei carabinieri saresti la mia anima gemella. Certo, nessuno, poi, farebbe la spesa e pagherebbe le bollette. Ma per quest’ultima cosa ti do una dritta: home banking.”
“E per la spesa?”
“E che cosa ne so, io? L’hai visto il mio frigo?”
“Comunque,” scrollò le spalle l’altro. “Gli passerà. Forza, spogliati.”
“Così? Senza nemmeno un preliminare?”
Mari sogghignò. “L’hai detto tu niente lingua in bocca.”
Sensi sembrò abbattuto. “È che alzare questo cazzo di braccio mi fa male.”
“E io non ho ancora dimenticato la battuta sull’incontinenza rettale.”
Il commissario, rassegnato, iniziò a sfilarsi la felpa. Alla sera, gli sembrava, spalla e braccio stavano peggio che mai.
Mari andò a recuperare bende e betadine e iniziò una meticolosa operazione di disinfezione e riavvolgimento.
“E poi dice che sono troppo macho,” finì per confessare il brigadiere, mentre l’altro gli dava le spalle.
“Su questo ha ragione. Mi spingerei a dire che sei proprio tamarro.”
“Marco si stira i blue jeans.”
“Marco probabilmente ha subito dei traumi nell’infanzia.”
“Be’, questo è ovvio: è finocchio.”
Sensi ridacchiò. “Anch’io ho subito dei traumi nell’infanzia, ma come vedi non lo piglio nel culo.”
L’altro inarcò le sopracciglia. “Sicuro-sicuro?”
“Sicurissimo. Voglio dire, me ne ricorderei.” Si grattò la testa. “Ok, o forse no. Ma me ne sarei accorto il giorno dopo.”
“A meno di non essere stato incredibilmente sfortunato e aver trovato un tizio con il cazzo grande quanto un pinolo.”
“Mh, vedo che la conversazione vira sul colto.”
Mari finì di fermargli la bendatura e riprese la sua birra. “Comunque non poteva finire bene. L’ho conosciuto beccando il tizio che gli aveva appena fregato il portafoglio. Come fa uno a farsi fregare il portafoglio e poi rimanere lì, imbambolato, a guardare il ladro che scappa?”
“Non so. Forse il ladro aveva un bel culo.”
“Per essere un etero ti prendi un sacco di libertà.”
Sensi gli lanciò un’occhiataccia. “Ti informo che sei il primo della tua razza a essere invitato a dormire a casa mia, tienine conto.”
L’altro rise. “Il primo gay?”
“Il primo fottuto brigadiere dei carabinieri.”
Mari sorrise. “Quindi di gay ne hai invitati a bizzeffe.”
Sensi stranamente, non sembrò divertito. Anzi, Mari avrebbe giurato che era un po’ malinconico.
“Un mio carissimo amico, era gay,” disse, lentamente.
“È morto?”
“No.”
“Allora non è più un tuo carissimo amico?”
“Non lo so. È un sacco che non lo sento, se si esclude l’informazione indiretta che mi ha mandato. Su Lorenzo.”
L’altro lo fissò per qualche istante. “Sembra una storia interessante,” disse, poi.
“Non la è. Ci sono sbirri e giudici che si accaniscono contro un innocente. Ovviamente non la può essere, no?”
“Troppo comune?”
Sensi andò a prendersi un’altra birra. “Già. Comunque non l’ho più sentito. Gli ho mandato roba. Libri. Questo più o meno è tutto.”
“E lui era innamorato di te?”
Sensi gli fece l’occhiolino. “Chi non si innamorerebbe di me?”

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