mercoledì 29 luglio 2009

L'appartamento di sopra - 22

Il demone che aveva visto la mattina precedente era lì, vicino alla porta. Era ancora più orribile di come lo ricordava, con l’enorme corpo da ratto e la testa d’uccello, un brutto uccello nero con un becco smisurato e crudele.
Sentì che qualcuno la spostava.
“Devi tornare da dove sei venuto,” disse Sensi. “Proprio là. Quella è la porta.”
Il demone emise un suono raccapricciante, simile allo stridere di uno stormo di uccelli.
“Te lo ordino, idiota,” aggiunse Sensi.
Allora quell’orrore vivente si lanciò verso di lui emettendo nuovamente il suono stridente simile a quello di uno stormo di uccelli.
Era alto un metro buono più di Sensi e largo più del doppio e l’impatto fu simile a quello di un tir contro un'utilitaria. L'utilitaria, tuttavia, reagì con una furia che il tir non doveva aver messo in conto.
Il commissario cercò di spingere via quell’essere abnorme, colpendolo con i palmi aperti, con gli anfibi e con i gomiti. Per buona misura gli diede anche una testata, ma purtroppo la sua fronte si scontrò solo con il pelo nauseabondo del petto del demone.
Il demone aveva una sorta di manine artigliate simili a quelle di un roditore e fu con quelle che cercò di prendere Sensi per le braccia. Il commissario si divincolò.
La sua posizione non era esattamente felice. Il demone l’aveva spiaccicato contro un muro e apparentemente aveva in mente di iniziare a beccargli la faccia.
Sensi l’aveva ripetutamente colpito ai coglioni, o là dove supponeva che potesse avere i coglioni, ma i suoi sforzi non avevano portato a molto. In compenso, però, era riuscito a evitare di farsi strappare gli occhi, in che modo Chiara non lo sapeva.
Pensò che avrebbe potuto aiutarlo in qualche modo, visto che sembrava che avrebbe avuto la peggio, e prese una padella dalla rastrelliera.
Era una buona padella, di acciaio inox, e le era anche costata un discreto gruzzolo.
La usò come una mazza da baseball per colpire la nuca del demone, afferrandola per il manico.
Il demone si voltò con aria stizzita, o almeno così sembrò a Chiara.
“No!” gridò Sensi, prendendolo per il becco con entrambe le mani. “Guarda qua, imbecille! Non ho ancora finito con te!”
Poi, chissà come, riuscì a spintonarlo e fargli perdere l’equilibrio.
L’idea doveva essere di gettarsi sopra al demone, questo Chiara lo capì subito, ma capì anche subito che il corpo del commissario era troppo leggero per tenerlo a terra a lungo.
Il demone rotolò e Sensi finì sotto.
Non doveva essere una posizione molto gradevole e Chiara si preparò a usare di nuovo la padella.
Ma poi, all’improvviso, il commissario riuscì a emergere e iniziò a prendere a cazzotti il demone sopra i piccoli occhietti da uccello. Il demone emise ancora il suo grido straziante.
Quello che successe dopo Chiara non riuscì a vederlo bene.
Il demone e Sensi presero a rotolarsi sul pavimento come in una rissa da bar. Il demone usò le mani artigliate per scavare un profondo graffio su una spalla del commissario, mentre questo continuava a colpirlo ovunque riuscisse ad arrivare.
La zuffa si fece sempre più vorticosa.
I due sbattevano contro i mobili, scalciavano e cercavano di infilarsi le dita (o il becco, nel caso del demone) negli occhi.
A un certo punto a Chiara sembrò che i corpi vorticassero così velocemente da sembrarle non più due, ma tre. Per un istante vide quello che sembrava un corpo lucido e color sangue, ma la scena era troppo confusa per poterne essere sicura.
Un attimo dopo Sensi, con una forza di cui Chiara non l’avrebbe mai creduto capace, afferrò il demone per il pelo del petto e iniziò a trascinarlo verso il sigillo sul muro.
“Vattene, ho detto!” gridò, con voce gutturale.
A calci e a pugni lo cacciò fin contro la parete, poi dentro la parete, poi ancora oltre.
A un certo punto solo una manina artigliata rimase fuori, e ancora cercava di graffiare.
Il commissario la prese a calci finché scomparve.
Si voltò verso Chiara, ansimante.
“Ce l’hai un pennarello?” chiese.
Lei attonita, annuì.
“E che ne diresti di prenderlo? O speravi di vedere un altro match?”
Chiara lasciò cadere la padella per terra e schizzò verso il frigo. Sopra, semi-sepolto tra foglietti e scontrini vari, c’era un pennarello da lavagna luminosa, verde. Lo diede al commissario.
Sensi lo guardò per un attimo con un certo scetticismo, poi si strinse nelle spalle e tracciò un cerchio attorno al sigillo del demone.
Infine ci disegnò sopra una grossa croce.
“Ecco,” disse, ammirando la sua opera.
Chiara si avvicinò.
“Se n’è andato?”
Il commissario annuì, asciugandosi la fronte con un braccio.
“E non tornerà più?”
“Be’, ecco quello che dovresti fare,” disse. “Quando hai un po’ di tempo, con uno scalpello incidi sull’intonaco il cerchio e la croce, poi prepari un po’ di malta e ci butti dentro del sangue tuo. Non importa che ti tagli di nuovo, voi donne siete agevolate in queste cose: basta che aspetti il periodo giusto del mese. Poi stucchi il cerchio e la croce con la malta, infine ridipingi tutto. A meno che il sigillo non ti piaccia un casino, è chiaro.”
Chiara aggrottò le sopracciglia.
“Scusa, vuoi dire che per non far entrare un demone basta una sorta di divieto di transito?”
Sensi sorrise. “Be’, i demoni sono molto più ligi degli esseri umani alla segnaletica verticale. E comunque sarebbe un segno di divieto di transito e di sosta, ora inizio a capire come si è prodotto quel famoso bozzo sulla mia jeep.”
Chiara si mise a ridere.
“Dio, è incredibile! Ho appena visto un tizio suonarle di santa ragione a un essere infernale e adesso siamo qua a parlare della tua macchina!”
Sensi si accigliò leggermente. “Sapevo che non avresti voluto che l’argomento fosse sollevato di nuovo.”
Chiara raddrizzò una sedia e gli disse di sedersi.
La sua cucina somigliava a un campo di battaglia, il tavolo era scheggiato, la padella bombata. Ma andava bene, quel coso non c’era più.
“Prendo un po’ d’acqua ossigenata per quel graffio,” disse, improvvisamente premurosa.
“Temevo che si sarebbe arrivati a questo,” bofonchiò Sensi.
Lei rise. “Cioè? Hai ancora paura che voglia giocare alla tua fidanzatina?”
L’altro inarcò le sopracciglia. “Quello di cui ho paura, nello specifico, è l’acqua ossigenata. Brucia.”
Chiara non lo ascoltò. Sembrava che nessuna donna potesse prendere sul serio un uomo quando lui diceva che l’acqua ossigenata brucia.
Invece andò in bagno e tornò fuori con cotone, acqua ossigenata e una benda.
“Lo vuoi fare davvero,” constatò Sensi, atterrito.
“Certo. Chissà cosa aveva quell’orrore sotto le unghie.”
“Oh, Cristo.” Sensi strizzò gli occhi e si preparò all’inevitabile.
Chiara iniziò a disinfettarlo. “Brucia,” disse il commissario, con voce lagnosa.
“Ma per favore, è acqua ossigenata!”
Sensi strinse gli occhi ancora più stretti.
“Insomma, non hai paura di un demone e fai tutte queste storie per un po’ di disinfettante? Guarda, ho finito.”
L’altro aprì le palpebre di mezzo millimetro, sospettoso.
“Ho finito,” ripeté Chiara e iniziò a bendarlo. “Ti ha ferito da qualche altra parte?”
“No!” strillò Sensi.
“Mh-mh… molto coraggioso, da parte tua.”
“Se adesso avessi finito con questa cosa da infermiera…” bofonchiò.
“Ho finito,” confermò lei. “E lascia che ti dica una cosa: pensavo che fossi un tipo interessante, ma sei un po’ troppo interessante, per i miei gusti.”
Sensi la guardò con aria divertita.
“Non ci posso credere. Mi stai scaricando.”
L’altra sorrise. “Esatto. Ne ho le scatole piene, di te.”
“Ok,” disse l’altro e si rialzò. “Conoscerti è stato uno spasso.”
“Ma se era quello a cui puntavi dal primo momento!” rise lei.
“Cosa? Fare a botte con un demone? Come no.”
“Farti scaricare.”
Sensi si strinse nelle spalle.
“Non c’è bisogno che ti scusi. L’ho capito che sei fatto così.”
Poi inclinò la testa da un lato. “Potremmo farci una scopatina d’addio, però, se non hai preso troppe botte.”
Sensi ponderò per un istante i pro e i contro.
“Eccheccavolo,” disse, poi, e si sfilò la maglietta dei Bauhaus.

FINE.

5 commenti:

Antar ha detto...

Ho iniziato a leggere pensando che ormai ogni puntata ho paura che sia l'ultima.
Poi allla fine di questa, quando ero sicuro che ne sarebbe stata almeno un'altra, ho letto quella parola tutta in maiuscolo.
Ottimo come colpo di scena.

Mo', però, mi mancherà fino alla prossiam storia.

Skiribilla ha detto...

Pensa te.
'sta cosa che i demoni sono molto più ligi degli esseri umani alla segnaletica verticale mi tranquillizza alquanto, devo dire.
Ermanno mi piace proprio, ha quella tranquilla disinvoltura di chi non deve dimostrare niente a nessuno (e ne sa seimila e non perde un'occasione).

Il fatto che tu abbia iniziato un'altra storia è fonte di allegrezza, cara Susanna :)

paolo raffaelli ha detto...

E andiamo! :D

Luca Bonisoli ha detto...

Molto bello questo racconto! Per me è uno dei più riusciti del ciclo sul Commissario Sensi!

Susanna Raule ha detto...

grazzzzie.