lunedì 22 giugno 2009

Una linea d'ombra - 23

Sotto tutti i punti di vista la giornata del commissario era stata una vera schifezza. Anzi, i due o tre giorni precedenti, erano stati una vera schifezza.

Prima aveva dovuto rinunciare a un threesome, per quanto improbabile, con le due aspiranti-veline. Poi gli avevano proposto un caso di molestie su minori. Poi il caso di molestie su minori si era trasformato in un caso di percosse e di disagio familiare. Poi il caso di percosse si era trasformato in una scopata niente male (e questo era uno degli unici due fatti positivi del periodo). Poi la scopata niente male si era trasformata in un omicidio (e questo, retroattivamente, aveva annullato la positività dell’azione precedente). Poi l’omicidio si era trasformato in un caso di disagio familiare ancora più marcato di quanto Sensi si fosse aspettato all’inizio. Poi da un caso ne erano venuti fuori due, con una moltiplicazione del carico di lavoro che Sensi non poteva certo apprezzare. Il caso di marcato disagio familiare si era trasformato in un’overdose, mentre il caso di omicidio si era trasformato in un caso di bomba. O come si diceva.

Alla fine Sensi si era ritrovato di nuovo con un caso di omicidio, irrisolto.

A quel punto il fondo era stato abbondantemente toccato, quindi fu con spirito sereno che Sensi si presentò all’obitorio e chiese di vedere il cadavere di Erica Buscetta.

La casa di Nicosia, una volta svuotata della bomba, non aveva rivelato niente di interessante.

Nicosia aveva fatto scomparire ogni cosa, lasciando solo un regalo di benvenuto per gli investigatori.

Seguito dai Servizi Sociali e dalla Salute Mentale, Davide Nicosia era stato diagnosticato come paranoico non schizofrenico. Non aveva allucinazioni o deliri eclatanti, ma era convinto in modo incrollabile che il mondo complottasse contro di lui.

Nel palazzo lo consideravano un tipo bizzarro.

Non aveva parenti in vita ed era piuttosto improbabile che avesse degli amici. Non aveva il porto d’armi e non frequentava i ritrovi dei militari. Non aveva lasciato tracce dietro di sé. Per quel che ne sapeva Sensi poteva anche essere andato a nascondersi sulle montagne, dove avrebbe fondato la sua personale autarchia nazista.

In pratica, si avviava allegramente a diventare l’ennesimo caso irrisolto della squadra mobile di Spezia.

Sensi fu scortato fino alla salma, che era stata messa su un tavolo di metallo, coperta da un telo.

“Può andare,” disse all’inserviente.

“Veramente dovrei restare con lei…”

Sensi respirò profondamente. “Se ne vada, per favore,” ripeté, con voce cupa. “Conoscevo questa donna.”

L’altro per un po’ sembrò indeciso, ma alla fine annuì seccamente e lo lasciò solo.

Sensi si avvicinò al tavolo.

Il lenzuolo verde, ospedaliero, era freddo al tatto. Sensi ne sollevò delicatamente un lembo all’altezza della testa di Erica.

Il volto era bianco violaceo, con una larga ecchimosi sul lato sinistro. Gli occhi erano già stati chiusi e probabilmente fissati. I capelli erano sporchi di sangue raggrumato e non bastavano a nascondere il fatto che il cranio, sul lato sinistro, aveva una forma particolare.

Sensi immaginò che le pompe funebri non si sarebbero litigate quel lavoro, quando finalmente in corpo sarebbe stato consegnato. Troppo poco rovinato per giustificare una bara chiusa, troppo per aver bisogno solo di una mano di fondotinta.

Ma, in fondo, non era probabile che Erica venisse restituita alla famiglia tanto presto.

Quel pomeriggio Sensi doveva incontrare i suoi genitori. La tentazione di andare in ferie era più forte che mai, ma persino lui si rendeva conto che non si sarebbe più potuto guardare nello specchio se l’avesse fatto.

E c’era già un'altra donna morta che lo aspettava nello specchio ogni volta che ci guardava, due sarebbero state troppe.

Titubante, accarezzò i capelli sporchi di sangue di Erica.

Erano freddi, proprio come tutto il resto.

Infilò le dita tra le ciocche, sporcandosi leggermente le mani. Il sangue raggrumato iniziò a disciogliersi.

“Tu lo capisci, vero?” mormorò.

Il sangue diventò completamente fluido e alcune gocce caddero sul pavimento. Sensi le osservò per qualche istante.

Poi, come mosse di vita propria, le gocce iniziarono a fluire, disegnando una sorta di rivolo. Il rivolo tracciò una scia sul linoleum, puntando in direzione della porta.

Erano solo poche gocce, e il sangue presto si esaurì. Ma la scia continuò a procedere, ora fatta d’ombra.

Una sottile scia d’ombra che si dirigeva verso la porta, e vi scompariva sotto.

Sensi ricoprì il viso del cadavere e osservò per qualche istante la linea d’ombra che scompariva sotto la porta.

Poi, diligentemente, iniziò a seguirla.

FINE.


8 commenti:

Lu ha detto...

Fine?!

Poffarbacco.

paolo raffaelli ha detto...

Cazzarola!

Susanna Raule ha detto...

Sono felice di riuscire ancora a prendervi alla sprovvista.

Luca Bonisoli ha detto...

'azz, non me n'ero accorto!
C'è scritto davvero FINE!
E io che aspettavo il 24° capitolo...

paolo raffaelli ha detto...

e ci lasci con un'altra donna cara al nostro darkettone che ci ha lasciato le penne...

Susanna Raule ha detto...

paolo: e qual'era la prima? (cioé, io lo so, ma VOI?)
luca: sorru for that.

paolo raffaelli ha detto...

Appunto, qual'è la prima?!?!?

Rimaniamo in trepidante attesa

Susanna Raule ha detto...

ah, ok.
si scopre nel romanzo.
ora l'ho detto.
scrivete ai vostri amici editori.