mercoledì 6 maggio 2009

Sette, morto che parla - 12

Dicono che quando c’è un omicidio le possibilità di trovare l’assassino si assottigliano man mano che passa il tempo. Dicono anche che con gli omicidi seriali ogni volta che trovi un nuovo corpo il conto alla rovescia riparte.
Tutte cazzate.
Un omicidio lo risolvi quando capisci che cosa è successo e come, e queste sono cose che puoi capire anche a mesi di distanza.
Lascia che ti dica come la penso. In natura ci sono due tipi di problemi: i problemi da risolvere punto per punto e i problemi che si risolvono tutti insieme e all’improvviso con un colpo di genio. Un omicidio può appartenere ad entrambe le classi.
Puoi fare i compiti da bravo sbirro: interroghi i testimoni e cerchi gli indizi, passo dopo passo provi a risolvere l’enigma. Ma se questo non basta allora ti serve una soluzione del secondo tipo, una di quelle cose che ti fanno esclamare “Ah-a! Ho trovato!”.
Senza falsa modestia io sono uno specialista in questa branca, mentre nel primo caso tendo a fare inutilmente casino.
Questo era il motivo per cui, fin da quando avevamo trovato il primo cadavere, avevo lasciato Tudini e la mia squadra a fare i compiti e io avevo iniziato ad analizzare il problema da vari punti di vista differenti.
Alla fine, mentre osservavo un po’ di quegli inutili pezzi di carta che vanno sotto il nome di rapporti, avevo avuto un’idea folgorante.
Il fatto era che la prima ragazza uccisa, Francesca Fregoso, era scomparsa dalla sua casa la sera del cinque febbraio di due anni prima. Probabilmente era stata uccisa in giornata.
Il nostro secondo corpo, Valentina Mattei, aveva subito lo stesso trattamento un sei ottobre.
Avevo guardato le loro morti da tutti i punti di vista. Elementi in comune tra le vittime (i capelli neri – anche la nostra sconosciuta n.3 li aveva), modalità di uccisione, di sepoltura, coordinate geografiche, segni zodiacali, fasi lunari, vittorie dello Spezia, tipo di film trasmessi quella sera in televisione… posso essere un tipo piuttosto creativo e mi ero spinto fin dove ritenevo opportuno.
Poi avevo notato quella strana cosa.
Cinque febbraio: 5 + 2 = 7. E ancora, sei ottobre: 6 + 10 = 16, 1 + 6 = 7.
Stavo diventando demente?
Naturalmente NO. Era l’assassino a essere demente, su questo non c’erano dubbi.
E gli assassini dementi vanno a nozze con questo tipo di cazzate esoteriche.
Nel cervellino del mio uomo dovevano agitarsi incubi matematici.

Nessun commento: